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11 Giugno 2020L’impero romano inizia a spezzettarsi ancora prima del suo crollo
12 Giugno 2020Nel corso del V secolo le frontiere dell’Impero d’Occidente andarono progressivamente restringendosi, lasciando di fatto il controllo di Ravenna – intorno al 450 – solo la penisola italica e le regioni alpine, la Sicilia e una parte della Provenza. Questo ridimensionamento degli orizzonti della Pars Occidentis, mai sancito di diritto, ma piuttosto subito di fatto, sino al 476 è stato da alcuni storici come un primo momento , gravido di implicazioni per il futuro, di definizione di uno “spazio italico” sul quale era stata arginata la disgregazione dell’Impero che riproponeva il profilo dell’Italia augustea, e che sarebbe stato in seguito ricalcato dallo spazio su cui si esercitò il dominio delle monarchie erula e ostrogota e su cui si arrestò, infine, la riconquista bizantina dell’Italia alla metà del VI secolo. In questo spazio la romanità d’Occidente conobbe alcune tra le più feconde esperienze legate al primo impatto con le popolazioni germaniche. Se questo è vero per ciò che concerne la sostanza dei fatti, bisogna però far rientrare nella valutazione del clima dell’epoca, la notazione secondo cui la prospettiva all’interno della quale Roma si era mossa per secoli era stata di respiro mediterraneo. Prospettiva che, nel frangente politico-culturale del V secolo e degli inizi del VI, si identificava piuttosto con quella della Pars Orientis, vincente nella sua solidità, e comprendente regioni nelle quali il cristianesimo aveva il suo radicamento più antico, più forte e più vivo. A correzione della spinta centrifuga, che aveva portato nel 395 alla definitiva separazione istituzionale delle due partes imperii, il crollo (o perlomeno l’indebolimento) politico dell’Occidente aveva agito nel senso di indirizzare verso una non-rottura del legame con la romanità costantinopolitana una parte influente della società italica, che può essere identificata in un settore consistente della aristocrazia senatoria, nonché della chiesa di Roma, che pure non mancava di alzare la voce tutte le volte che gli imperatori di Bisanzio effettuavano interventi pregiudizievoli all’integrità della fede.